Automotive, la svolta green e i costi da pagare

Opinioni - A Cassino come in tutta Europa, stiamo pagando  quelle scelte ideologiche con la disoccupazione, il comparto dell’ automotive  è stato costretto a reinventarsi non con lo scopo di non inquinare ma con il capriccio di camminare “elettrico”

Automotive, la svolta green e i costi da pagare
di autore Lello Valente - Pubblicato: 12-09-2024 11:53 - Tempo di lettura 2 minuti

Nel 1951 nasceva il primo embrione di Unione Europea, un accordo, chiamato  CECA con il solo scopo di  favorire il mercato del carbone e dell’acciaio. Verificato il successo di quel trattato nel 1957 si firmano a Roma diversi  trattati europei che ancora oggi sono le fondamenta della nuova Unione Europea. 

Nel frattempo altri piccoli passi in avanti in favore dell’integrazione di altri servizi, quali ad esempio lo scambio di studenti universitari, l’Erasmus. Verificato il successo anche di questi trattati, nel 1992 ci fu la svolta con il trattato di Mastrich dove scompare  la parola  Comunità Economica  per prendere il nome di Unione Europea a testimoniare che non era solo una Unione economica . Fu in qual trattato che si introdussero tutte quelle norme e quei vincoli che oggi riducono gli Stati a poco più di comitati di quartiere. La sovranità nel corso degli anni è passata sempre di più dai singoli Stati all’UE e spesso le scelte sono state dettate più da un furore ideologico che da scelte razionali calate sui territori e nell’interesse dei popoli.

La svolta verde imposta dai verdi e dai socialisti europei solo oggi ci si accorge che non solo non ha risolto alcun problema nella direzione della salvaguardia dell’ambiente ma quelle scelte stanno  solo producendo povertà mentre si esporta la ricchezza verso Paesi produttori di soluzioni chiamate “elettriche”.

Scelte demagogiche come quella di vincolare i tappetti di plastica alle bottiglie, solo un fastidio per i consumatori e nessun beneficio per l’ambiente. Se veramente si voleva adottare una scelta forte sarebbe bastato mettere al bando le bottiglie di plastica e ritornare al vuoto a rendere.

A Cassino come in tutta Europa, stiamo pagando  quelle scelte ideologiche con la disoccupazione, il comparto dell’ automotive  è stato costretto a reinventarsi non con lo scopo di non inquinare ma con il capriccio di camminare “elettrico” senza accorgersi che l’unico Paese al mondo che ha questo know how è la Cina che si è accaparrata da anni le terre rare per costruire batterie. Ma poi come si caricano queste batterie? Con la corrente,  e come la si produce? A gas!! E dove sta il vantaggio? E come si smaltiscono? Sarebbe stato più logico imporre delle restrizioni alle emissioni e lasciare ai costruttori di auto di investire sulla ricerca per proporre soluzioni idonee, come chiedevano Italia e Germania .

Invece si lasciano chiudere le fabbriche in Europa nel silenzio colpevole dell’UE. A Cassino si riunisce la consulta dei sindaci, e cosa possono fare al cospetto di interessi internazionali? La stessa Regione e lo stesso Stato sono impotenti dinanzi a decisioni ideologiche assunte dall’UE.

Come Paese eravamo già indietro per i costi energetici, oggi siamo tutti nella medesima condizione di un sistema produttivo dell’auto che sempre di più andrà in crisi e sempre di più favorirà le auto costruite in Cina. Non bastano più le dimensioni internazionali di un gruppo oggi il problema è la produzione non la vendita, e la produzione di battere che rende l’Europa debole al cospetto della Cina.
Marchionne lo aveva abbondantemente anticipato in una intervista, oggi anche Stellantis si accorge che aveva ragione, anche i colossi tedeschi dell’Audi e della Volkswagen  sono in crisi e chiudono le fabbriche.

Protestare, lanciare un grido di allarma va bene, ma i sindaci della consulta dovrebbero dire con forza che la strada dell’elettrico come unica ed imposta soluzione è sbagliata  e dovrebbero avere la forza di chiedere allo Stato che le fabbriche costruite con i soldi pubblici non possono essere cedute, lo Stato deve riprendersele  e mettere a disposizione di chi ha la forza di voler investire in Italia.
Va bene protestare ma bisogna indicare qualche soluzione, e non limitarsi ad inutili appelli, ad esempio convocare a Cassino i capigruppo dei partiti italiani in Parlamento Europeo per chiedere un impegno comune in una  diversa direzione.

Abbiamo la fortuna che i tre maggiori partiti hanno i loro capidelegazione tutti non lontani da Cassino, questo potrebbe agevolare la presenza in un incontro tra la conferenza dei sindaci, la Regione, il Governo ed il Parlamento UE. E’ una proposta non la soluzione ma certamente non è la soluzione una riunione piena di buona volontà ma priva di qualsiasi efficacia.





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