Opinioni - Molti hanno preferito filmare e immortalare l’agonia con i loro smartphone. Dov’è finita la compassione? Non si tratta solo di una mancanza di educazione, ma di un vuoto profondo, una perdita di riferimenti morali e sociali che sembra non risparmiare nessuno, nemmeno le generazioni più giovani. Non possiamo ignorare il ruolo che la tecnologia e i media hanno avuto nel plasmare questa società incivile. Il cordoglio della BpC, lunedì i funerali
Oggi ho assistito a una scena che incarna il lato più desolante del nostro vivere contemporaneo: una mia ex collega si è accasciata al suolo durante il mercato settimanale, perdendo tragicamente la vita. (LEGGI QUI: Tragedia al mercato di Cassino, donna muore colpita da infarto). La tragedia non si è limitata alla perdita di una persona cara, ma si è amplificata di fronte al comportamento del pubblico presente: anziché farsi da parte per agevolare i soccorsi, molti hanno preferito filmare, fotografare, immortalare l’agonia con i loro smartphone. Questo spettacolo indecoroso ha rallentato l'arrivo tempestivo dell'ambulanza, trasformando un momento già drammatico in una testimonianza di degrado morale e culturale.
Dov’è finita la compassione? Il bisogno di documentare ogni cosa, anche il dolore altrui, sembra prevalere su qualsiasi empatia. È questo il prezzo da pagare per un progresso tecnologico che non è stato accompagnato da un'educazione al rispetto e alla civiltà?
Il vuoto culturale amplificato dai media e dalla tecnologia. Non possiamo ignorare il ruolo che la tecnologia e i media hanno avuto nel plasmare questa società incivile. Gli smartphone, i social network e i meccanismi che li governano sono strumenti potenti, ma il loro uso distorto ha amplificato una deriva culturale in cui il sensazionalismo prevale sull’umanità.
Le piattaforme digitali hanno creato un universo parallelo in cui l’apparenza e la visibilità sono diventate le nuove valute sociali. Fotografare e condividere un evento, anche il più drammatico, è ormai considerato un gesto normale, quasi un dovere sociale. Ma questa normalità è inquietante: ha spostato l’attenzione dal "fare" al "mostrare", dall’agire con responsabilità al cercare visibilità.
Un sintomo di una società senza bussola Quando episodi come quello di oggi si affiancano a cronache quotidiane in cui emergono atti di violenza sempre più giovani e incomprensibili, ci troviamo a dover accettare una realtà inquietante: il degrado culturale è ormai radicato. Non si tratta solo di una mancanza di empatia o di educazione, ma di un vuoto profondo, una perdita di riferimenti morali e sociali che sembra non risparmiare nessuno, nemmeno le generazioni più giovani.
Questo non è più il tempo degli appelli o delle soluzioni facili. La realtà ci parla di un malessere diffuso, che si manifesta tanto nell’indifferenza davanti alla sofferenza altrui quanto nella brutalità di gesti estremi. Episodi come quello di un figlio che alza un coltello contro il proprio genitore, o di una folla che ostacola i soccorsi per curiosità morbosa, non sono eccezioni: sono lo specchio di una società che ha smarrito la bussola.
Un silenzio che parla più di mille parole. Forse, l’unica risposta possibile a questa deriva è il silenzio. Non un silenzio di rassegnazione, ma un silenzio che invita alla riflessione, che obbliga ognuno di noi a guardarsi allo specchio e chiedersi dove abbiamo sbagliato. Non ci sono soluzioni pronte o facili, ma continuare a ignorare questi segnali non farà che amplificare il vuoto in cui ci troviamo.
Intanto in serata è giunta la nota della BpC, dove la donna lavorava: "Con sgomento e profondo dolore abbiamo ricevuto questa mattina la notizia della scomparsa improvvisa della nostra carissima collega Virginia Tamburrino. La ricordiamo con affetto e ci stringiamo ai familiari in particolare al marito e nostro collega Domenico e alla figlia Marzia. I funerali lunedì mattina alle 10.30 in Concattedrale. Ciao Virginia! Riposa in pace!"
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