Matteotti, fascismo e politica: la necessità di un'analisi complessa

Opinioni - La storia non è un'arma da brandire contro i nemici del momento. È un campo di studio che richiede onestà intellettuale, profondità d’analisi e la capacità di distinguere il passato dal presente. Purtroppo, operazioni come "M - Il figlio del secolo" dimostrano quanto ancora sia lontano questo approccio nella narrazione pubblica italiana

Matteotti, fascismo e politica: la necessità di un'analisi complessa
di Dario Nicosia - Pubblicato: 09-02-2025 09:08 - Tempo di lettura 3 minuti

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una narrazione anacronistica e strumentale della storia italiana, piegata a un'interpretazione parziale e priva di contestualizzazione storica. La recente trasposizione televisiva della vicenda di Giacomo Matteotti, culminata nella serie "M - Il figlio del secolo", non fa eccezione. Ma davvero, dopo un secolo, c'è ancora bisogno di riproporre lo stesso copione, senza mai uno sforzo di approfondimento? Si presenta una storia monolitica, priva di sfumature, con il solo obiettivo di riaffermare una retorica antifascista che, dopo quasi un secolo, viene ancora utilizzata per fini politici odierni.


Si insiste nel descrivere il discorso di Matteotti del 30 maggio 1924 come una condanna assoluta di un sistema elettorale ingiusto e corrotto, come se la legge Acerbo fosse stata un'anomalia antidemocratica senza precedenti. Ma è davvero così? In realtà, tale legge era il risultato di un processo di consolidamento politico che aveva visto la partecipazione e l'approvazione di una parte consistente della classe dirigente dell'epoca. Non fu un colpo di mano improvviso, ma una scelta politica ben precisa, votata da una maggioranza parlamentare che comprendeva liberali, nazionalisti, popolari e persino alcuni esponenti socialisti riformisti. E allora perché si omette il contesto? Perché si preferisce insistere sulla favola di un fascismo onnipotente e di un'Italia inerme?


Il martirio di Matteotti viene nuovamente utilizzato per ribadire un messaggio precostituito: il fascismo è stato un male assoluto e chiunque osi anche solo esprimere una visione più articolata della storia italiana viene bollato come nostalgico. Si ignora, ad esempio, il ruolo di altre forze politiche nell'incapacità di arginare l'ascesa del fascismo e si omette di considerare il clima internazionale e nazionale in cui quel governo operava. La stessa denuncia delle violenze nelle elezioni del 1924, pur fondata su episodi reali, non può essere isolata dal contesto dell’epoca, in cui l'uso della forza e delle pressioni non era affatto un'esclusiva del fascismo.


Ma la parte più grave di questa narrazione è il suo uso strumentale nel dibattito contemporaneo. Qualunque critica all’attuale sistema viene subito marchiata come 'rischio fascista', come se la storia servisse solo a costruire nemici immaginari. Questo atteggiamento è il riflesso dell’incapacità delle forze progressiste di oggi di proporre idee concrete e soluzioni convincenti. Così come socialisti e liberali fallirono nel contenere l’ascesa di Mussolini, preferendo divisioni interne e sottovalutazioni del fenomeno, oggi quegli stessi schieramenti si rifugiano in una retorica stanca e inefficace, priva di contenuti reali e incapace di conquistare la volontà popolare con proposte serie e coinvolgenti. È paradossale che, mentre ci si professa pronti a insegnare lezioni di storia, si continui a ignorare fatti emblematici come questo, senza mai imparare le vere lezioni della storia per evitare di ripetere gli stessi errori.


Infine, il richiamo ai "rischi" della nostalgia per il fascismo e il supposto valore pedagogico di questa serie televisiva sono espressione di una visione paternalistica e moralistica della storia. Il pubblico non ha bisogno di lezioni prefabbricate, ma di strumenti per comprendere la complessità degli eventi storici. La cultura del sospetto e della continua caccia ai "fascisti" di oggi non è altro che un escamotage per eludere le vere questioni politiche del presente. La storia non è un'arma da brandire contro i nemici del momento. È un campo di studio che richiede onestà intellettuale, profondità d’analisi e la capacità di distinguere il passato dal presente. Purtroppo, operazioni come "M - Il figlio del secolo" dimostrano quanto ancora sia lontano questo approccio nella narrazione pubblica italiana.





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