Cultura - Francesco De Napoli ha dato alle stampe la terza Edizione aggiornata del suo celebre Quaderno che ormai ha fatto scuola tra i maggiori studiosi
Francesco De Napoli ha dato alle stampe la terza Edizione aggiornata del suo celebre Quaderno che ormai ha fatto scuola tra i maggiori studiosi. È il saggio che nel 2008 fu pubblicato su “Le Colline di Pavese” (Anno XXXI, N. 117, Gennaio 2008), il periodico del CEPAM - Centro Pavesiano e Museo Casa Natale di Santo Stefano Belbo - in occasione del Centenario della Nascita di Cesare Pavese.
Ho letto e apprezzato con grande interesse questo attento studio critico, incentrato sulla storica “Collana Viola” che nel dopoguerra fu la prima collezione in Italia di testi etno-antropologici.
La “Collana Viola” nacque nel 1948 da un progetto dell’etnologo napoletano Ernesto De Martino, idea che fu raccolta da Cesare Pavese che era direttore editoriale di Giulio Einaudi di Torino. Le pubblicazioni proseguirono fino al 1956, quando, dopo la morte di Pavese e in seguito alla frattura insorta tra De Martino e l’Editore Einaudi, la Collana passò a Bollati Boringhieri.
De Napoli fa tesoro di molte delle argomentazioni e delle conclusioni di Pietro Angelini, il più autorevole studioso in materia, autore del preziosissimo volume “La Collana Viola. Lettere Pavese-De Martino 1945-1950”, uscito in prima edizione nel 1991 presso Boringhieri e subito divenuto introvabile, quindi ripubblicato nel 2022 in una edizione ancora più accurata.
Ma a Francesco De Napoli, appassionato studioso di Cesare Pavese, sta a cuore analizzare, in particolare, le contrastanti personalità di De Martino e del Poeta delle Langhe. Furono divergenze che causarono continui attriti tra i due e che, col trascorrere degli anni, logorarono inesorabilmente l’originalità e la freschezza di quella importante iniziativa editoriale, fino a provocarne una lenta agonia.
In sostanza, l’autore dipinge Pavese come un lavoratore instancabile ma eccessivamente idealista al punto da accontentarsi di una misera retribuzione mensile, mentre di De Martino emerge il ritratto di un avveduto calcolatore che esigeva compensi insostenibili per le ristrette finanze di Giulio Einaudi. Sullo sfondo, un’Italia uscita dal fascismo e dalla guerra su cui dominava la corrente del “neorealismo” poco disposta a dare importanza a testi sulle religioni, sui miti e sulle credenze popolari. Erano studi troppo sottili e complessi per quei tempi, dei quali si ignorava la portata e il valore.
Potremmo definire questo disinvolto ma rigoroso Quaderno un contributo fondamentale per conoscere le vicende culturali del nostro recente passato, ma anche del confuso presente.
Angelo L. Basso
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