Cassinate - La questione nasce da una decisione dell’amministrazione comunale che ha negato l’autorizzazione per un incontro pubblico richiesto da una lista politica locale. Una vicenda che, a mio avviso, merita di essere approfondita perché tocca direttamente i principi democratici su cui si fonda la nostra Repubblica come la libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica sanciti dagli articoli 21 e 17 della Costituzione italiana
di Dario Nicosia
Da qualche anno ho scelto di vivere a Cervaro, un paese che ho imparato a conoscere e apprezzare grazie alla mia amorevole compagna, che mi ha fatto scoprire il calore e la bellezza di questa comunità. Sebbene non sia originario di qui, mi sento parte integrante di questo territorio e partecipo con interesse alla sua vita sociale e politica.
Proprio per questo, ho seguito con attenzione una vicenda recente che riguarda un tema a me caro: il diritto di esprimere liberamente le proprie idee. Un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, che è alla base della democrazia e che riguarda tutti noi, indipendentemente dalle nostre origini o dalla nostra appartenenza politica. La questione nasce da una decisione dell’amministrazione comunale che ha negato l’autorizzazione per un incontro pubblico richiesto da una lista politica locale. Una vicenda che, a mio avviso, merita di essere approfondita perché tocca direttamente i principi democratici su cui si fonda la nostra Repubblica.
Nel Comune di Cervaro si è recentemente verificato un episodio che solleva importanti interrogativi sul bilanciamento tra regolamenti locali e diritti costituzionali. Una richiesta di occupazione del suolo pubblico avanzata da una lista politica, per organizzare un incontro pubblico – definito “comizio” nell’istanza – è stata respinta dall’amministrazione comunale.
La motivazione del diniego si basa su due principali argomenti: l’assenza di una competizione elettorale in corso e il divieto di utilizzare piazze e strade durante i giorni di mercato settimanale, come previsto dal regolamento comunale. Questo episodio apre una riflessione su come i regolamenti locali possano incidere, talvolta in modo sproporzionato, sull’esercizio di diritti fondamentali, come la libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica sanciti dagli articoli 21 e 17 della Costituzione italiana.
Regolamenti o barriere?
Il regolamento comunale definisce i “comizi elettorali” come eventi legati esclusivamente alle competizioni elettorali ufficiali, escludendo così qualsiasi altro tipo di incontro politico pubblico organizzato al di fuori di queste circostanze. Inoltre, impone un divieto assoluto di utilizzo delle piazze nei giorni di mercato settimanale.
Queste regole, seppur giustificate da esigenze di ordine pubblico o organizzative, sollevano dubbi sulla loro proporzionalità e sulla loro compatibilità con i principi fondamentali dell’ordinamento. Un regolamento comunale non può e non deve trasformarsi in uno strumento che di fatto rende impraticabile l’esercizio dei diritti costituzionali.
La rigidità nell’applicazione delle norme rischia di creare barriere ingiustificate. Il termine “comizio” utilizzato nell’istanza non indicava, infatti, un evento elettorale, bensì un incontro pubblico per discutere tematiche politiche e sociali, in un contesto del tutto indipendente da competizioni elettorali. La scelta di applicare il regolamento in modo così restrittivo appare quindi discutibile, soprattutto considerando che il TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) prevede la possibilità di organizzare riunioni pubbliche previa comunicazione, vietandole solo in casi motivati da comprovate esigenze di ordine pubblico, moralità o sicurezza.
Il ruolo del prefetto
In questa vicenda emerge un altro interrogativo importante: perché il prefetto, informato dei fatti, non ha preso posizione per garantire il pieno esercizio dei diritti dei cittadini?
Il prefetto, in quanto rappresentante dello Stato sul territorio, ha il compito di vigilare sull’operato delle amministrazioni locali, assicurandosi che i regolamenti comunali non si pongano in contrasto con leggi di rango superiore o con i principi costituzionali. In questo caso, un intervento del prefetto avrebbe potuto chiarire se il diniego del Comune fosse legittimo o se fosse necessaria una revisione del regolamento.
La mancata presa di posizione, seppur probabilmente dettata da una valutazione tecnica o dalla volontà di non interferire in una questione amministrativa, rischia di essere percepita come un segnale di disinteresse da parte delle istituzioni nei confronti dei cittadini che cercano di esercitare i propri diritti. Quando si tratta di diritti fondamentali, un intervento istituzionale per garantire chiarezza e trasparenza dovrebbe essere considerato non solo opportuno, ma necessario.
Chi non ha mezzi deve tacere? C’è anche un altro aspetto che non può essere ignorato: cosa può fare un cittadino quando si trova davanti a un diniego che sembra pretestuoso, frutto di un’interpretazione esasperata della normativa? L’unico strumento disponibile è rivolgersi al TAR, con tempi e costi che spesso scoraggiano chiunque non abbia i mezzi economici necessari. E chi non può permetterselo? Deve accettare in silenzio, tacitandosi d’imperio?
Questa situazione solleva una riflessione importante: il diritto di espressione e di partecipazione non dovrebbe dipendere dalla capacità di intraprendere una battaglia legale. È compito delle istituzioni, locali e non, garantire che questi diritti siano accessibili a tutti, senza bisogno di ricorrere a strumenti complessi o costosi per vederseli riconosciuti.
Una questione di democrazia
Questo episodio non è solo un problema locale: riflette una questione più ampia che riguarda il delicato equilibrio tra regolamenti amministrativi e diritti costituzionali. La libertà di espressione e il diritto di riunione sono i pilastri di una società democratica, e le amministrazioni locali devono fare il possibile per tutelarli, non ostacolarli con norme eccessivamente restrittive.
Il regolamento comunale di Cervaro, così come è formulato, appare come una barriera più che come uno strumento di gestione equilibrata del suolo pubblico. Sarebbe auspicabile una sua revisione per garantire che ogni cittadino possa esprimere le proprie idee e partecipare al dibattito pubblico senza dover affrontare ostacoli apparentemente insormontabili.
Il silenzio delle istituzioni, così come la rigidità dei regolamenti, rischia di allontanare i cittadini dalla politica e dal confronto democratico, alimentando quella sfiducia verso le istituzioni che oggi rappresenta uno dei problemi più gravi del nostro sistema. Una comunità solida e democratica si costruisce non soffocando il dibattito, ma favorendolo, con regole che tutelino i diritti di tutti, senza limitazioni ingiustificate.
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