Opinioni - Dalla biografia di Dalla alla "scoperta" di Lucio Corsi, un percorso attraverso storie di artisti che hanno saputo aspettare il proprio momento, tra vetrine impolverate e librerie di paese. Artisti come De André e Dylan ci ricordano l'importanza di rallentare, osservare e apprezzare le piccole cose
Ci sono eventi che comprendi a distanza. Che ci vuole un poco prima di metterli a fuoco, ci vuole la calma di una domenica mattina, con in mano una tazza di caffè ed una finestra spalancata su una giornata senza programmi.
O ci vuole un intermezzo, di quelli che si inseriscono a caso, in una giornata lavorativa convulsa, che però decide di prendere, ad un tratto, il passo lento in una via cittadina, che hai percorso mille volte, ma che ti pare di vedere solo ora.
Solo ora che sbuca sulla stessa una piccola vetrina: ha i vetri appannati, come se la brina li avesse coperti di una gelata che ancora non si è sciolta, ma è già mezzogiorno e c’è il sole. Fa di tutto per nascondersi quella porticina trasparente, vorrebbe passare anonima, perché non ha nulla di instagrammabile, nulla di notabile, lì lungo quella serratura anche leggermente scheggiata e smaltata e, perfino, sopra i tratti di quella figura che vi si intravede dietro, che sta comodo su una poltroncina, immerso nei suoi pensieri come il protagonista di un fumetto, con la sua nuvoletta disegnata di libere e inesplorate connessioni.
Eppure l’ho visto, impolverato, quasi malinconico, forse rassegnato a non essere guardato, o, addirittura desideroso di passare inosservato.
Era come tutte quelle cose che forse oggi hanno la speranza di essere viste proprio perché non fanno nulla per farlo: sono le cose lente, quelle anonime, coperte di una tenerezza che ti cattura perché, in fondo, abbiamo tutti voglia e bisogno di un po' di silenzio, di qualcosa di antico, di un oggetto recuperato dentro la credenza della sala della nonna, che non potevi toccare, che si poteva infrangere al primo tintinnio fuori dalla sua custodia, e che stava lì come una reliquia, disposta ad essere ammirare soltanto da lontano.
Quando ho preso in mano la biografia di Lucio Dalla la polvere l’aveva davvero sulla copertina, dove campeggiava fiero il suo volto, e c’era anche dietro, sulla scritta “La grande biografia di un genio libero”; c’era anche fra le pagine che ho avuto fretta di sentire fra le dita della mano; eppure non so perché ma un libro così, il libro su Lucio e la sua arte, non potevo comprarlo da nessun’altra parte.
Non potevo comprarlo in una libreria di una nota catena in qualche stazione; non potevo comprarlo online; non poteva recapitarmelo al volo un corriere Amazon, lasciandomelo giacere sull’androne del palazzo, lanciato, magari, anzi sicuramente, di fretta; potevo comprarlo solo lì, in quella libreria piccina di paese, che un tempo forse era stata l’unica, senz’altro la prima: dove il proprietario mi ha messo fra le mani, insieme al resto, un piccolo calendario, insistendo perché lo prendessi e perché con lui portassi a casa anche tutta la sua gratitudine per essermi fermata, per essere entrata come si fa quando si entra in una chiesa o in un tempio: perché quella libreria non vendeva soltanto libri, quella libreria esponeva sogni e poesia, come si fa in una galleria d’arte.
È stata quella vetrina ingiallita e apparentemente trascurata, che ha scelto il libro per me: ha indovinato il desiderio che si muoveva in quel momento dentro di me e che mi ispirava: avevo voglia di qualcosa che non conoscevo, come non conosco più la lentezza delle cose che si devono scoprire piano piano; come forse ho dimenticato che significhi soffermarsi, senza la costante necessità di catalogare in fretta, che si sta perdendo tempo e invece occorre capire subito tutto, perimetrarne confini e contenuti.
“Cerco continuamente quello che non so, e quello che non capisco”, diceva Fabrizio De Andrè, mentre passava le notti fra chitarra e fogli tormentati, scavati dalla punta di una matita che continuamente si arrendeva e poi faceva di nuovo a botte con le parole.
Non aveva fretta di esibirsi Fabrizio, voleva scrivere, capire se fuori dalla finestra ci fossero ancora cose nuove da poter cogliere, qualcosa che qualcun altro non avesse già detto o che lui poteva dire meglio; così Bob Dylan si immaginava continuamente di “catturare la scintilla”, mentre gli altri lo osservavano non tanto per quello che avesse fatto, ma chiedendosi il perché non lo avessero tentato loro.
Ecco quel libro, dentro quella vetrina, comprato da quel signore, mi parlavano di un tempo passato, di quella voglia di bersi una cioccolata calda immaginandosi a Montmartre, di quelle cose che si fanno lentamente e perciò, forse, sono destinate a durare, ad espandere ed allargare i loro effetti su un periodo più lungo di quello cui siamo abituati.
Ognuno di noi ha un elastico, invisibile, fra il cuore e l’esterno: il segreto sta nel tirarlo con parsimonia; nel prendere bene le misure di dove possa arrivare in quel dato momento; di aspettare che si rafforzi prima di lanciarlo verso distanze siderali: in un recente spettacolo teatrale Galimberti ha detto: “Se oltrepassi la tua misura, prepari la tua rovina. Se conosci il tuo limite, sarai felice”.
È quello che più di recente ed in maniera più frivola, ho ritrovato nelle parole di Lucio Corsi, “scoperta” dell’ultimo Festival; lui che ha raccontato di aver cantato in mille locali, per circa dodici anni, locali a volte semivuoti, di quarta categoria, eppure ritenuti di esperienza fondamentale nel suo progressivo ed inesorabile avvicinarsi al proprio sogno.
Hanno qualcosa di esclusivo le esistenze così; hanno l’aurea di qualcosa di così raro e unico ed evanescente allo stesso tempo, che devi stare attento, con i sensi all’erta , per entrarci dentro ed esserne inebriati.
Quel libro l’ho portato a casa, l’ho messo sul comodino, ma non c’ho tolto sopra la polvere: fa parte della sua sacralità, come fanno parte le atmosfere della dolce vita nella struggente bellezza evocata da “Incoscienti giovani” di Achille Lauro, quei giovani che tentavano, che amavano un po' da disperati e da profughi della vita e precari di progetti a lungo termine: ma quanta poesia in tutto ciò che esce fuori dalle righe e che sta lì, come un oggetto dimenticato, soltanto perché sta misurando bene il proprio elastico per essere visto e apprezzato meglio.
Articolo precedente
Unicas, un doppio appuntamento per il futuro degli studentiArticolo successivo
All'I.C. S.Elia Fiumerapido: Libriamoci 2025, un viaggio nella lettura