Rubriche - Secondo un recente studio di Reporter senza frontiere dello scorso maggio l’Italia è retrocessa al 46° posto su scala mondiale in relazione all’esercizio della libertà di stampa
L’art. 21 della nostra Costituzione attribuisce a ciascuno la libertà di manifestare il proprio pensiero verbalmente, per iscritto o con qualsiasi altro mezzo ed afferma che la stampa non può essere soggetta a censure o ad autorizzazioni.
La libertà di espressione costituisce pietra d’angolo della struttura di un Paese democratico di cui i giornalisti e i cronisti costituiscono i “cani da guardia”.
Eppure, secondo un recente studio di Reporter senza frontiere dello scorso maggio l’Italia è retrocessa al 46° posto su scala mondiale in relazione all’esercizio della libertà di stampa.
Ingerenze del potere politico nel mondo dei media sono inevitabili tenuto conto delle strutture stesse. Lo stesso Consiglio di Amministrazione della RAI è eletto, in parte, dall’organo politico che, in diverse occasioni, ha esercitato il suo potere. Si ricorda il cd. “editto bulgaro” pronunciato dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a seguito del quale le trasmissioni di Santoro, Luttazzi e Biagi furono estromesse dal palinsesto della RAI nonostante gli ascolti numerosi e, da ultimo, la nota “legge bavaglio” che impedisce ai giornalisti, fino al termine dell’udienza preliminare, di pubblicare ordinanze integrali o estratti delle stesse.
Una libertà di espressione, dunque, più teorica che pratica per un Paese democratico che dovrebbe fare dei principi decantati dall’art. 21 della Carta fondamentale un caposaldo del sistema.
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