A ruota libera: sulla traiettoria di viaggi ed idee - Quando la passione femminile Incontra la terra e il cuore, nascono storie di forza e rinascita. L'8mrazo è stata raccolta una somma di 415 euro , che permetterà l’acquisto, da parte del Consorzio del distretto dei servizi sociali del Cassinate, di quattro valigie salva mamma. Tutti i dettagli
Quando si programma un evento, non si ha chiaro fin dove possa arrivare, finchè non lo si vive. Ci tessi attorno un progetto, come è successo a me, Bruna, Sara e Barbara. Tratteggi l’idea del messaggio che vuoi raggiungere, ma poi devi affidarti al dipanarsi degli eventi, e probabilmente quell’affidarsi è stata la scelta migliore, ispirata, senza dubbio, alla circostanza che le donne, in particolare, per quella loro attitudine alla comunicazione, fuori da ogni dubbio spiccata e sviluppata nei secoli, sanno raccontarsi.
E lo sanno fare oltre gli stereotipi di genere, i cartelloni pubblicitari, le propagande politiche marcatamente femministe e le facili strumentalizzazioni. Darya, Patrizia e Maria Ernesta ,sabato otto marzo, ci hanno davvero tutti riuniti attorno ad una bottiglia di vino, di quella loro, artigianale, naturale, senza additivi da supermercato, quella che la domenica a pranzo tuo nonno metteva , troneggiante, al centro della tovaglia a quadri e ci si bagnava soltanto le labbra, al primo assaggio, per esclamare a gran voce, a tutti i presenti, che era proprio buono quell’anno quel vino appena fatto.
Forse perché la vite più di ogni altra cosa esalta e si confonde con la storia di una donna: ne sottolinea la pazienza, la tenacia con cui resiste ai cambiamenti climatici, si arrende, a volte alla neve prematura, ma soltanto per poco, perché al primo sole si prepara già per l’anno nuovo, per maturare meglio.
Il vino, quello della biodinamica, come le donne che sabato otto marzo ci hanno detto di produrlo, non ha paura, al pari delle sue produttrici, di attraversare il tempo vivendone ogni diversa sfumatura: non è mai uguale all’anno prima, si presenta sempre con sfumature ed incrinature di gusto diverse, supera le avversità con l’intensità del suo legame alle radici, al territorio e tutto il potenziale che dello stesso vuole esprimere.
E le donne quelle radici, non soltanto sanno riconoscerle, ma sanno prendersene cura, perché sanno che sono essenziali per lo sviluppo della vita futura. Lo sa Darya, che viene da una città di cemento e che si è incantata, così , per caso , davanti al terreno di proprietà di suo marito, appartenente alla sua famiglia e lasciato ad invecchiare fra spine e rovi, fino a quando lei, straniera, con un’altra lingua e una background differente dal mondo agricolo, non ci ha visto in quel terreno la fioritura di un progetto nuovo, tutto suo, che si identificasse con il piantare una vigna, sfidare i finanziamenti e lo scetticismo degli impiegati di banca, quelli che ad ogni incontro ci tengono ad informarti che “ il 92% delle start up in Italia falliscono dopo appena un anno di vita”. Darya se lo ripete in testa, appena uscita dagli uffici, ma subito dopo impara a guidare il trattore e disbosca quel terreno, perché sa che la tenacia non è sempre e solo un fatto di statistica, piuttosto di cuore, che lei mette in ogni bottiglia, pigiatura dopo pigiatura, anche se dovrà attendere anni per vedere i suoi primi frutti, come le dice Patrizia.
Ma la passione è cura, non soltanto arrivo; è tragitto, non unicamente meta; è fatica, non soltanto premio. È anche, a volte, storia ciclica, che ti ritrovi dentro le pieghe di quella che pare una follia: come chiudere un negozio di articoli sportivi ben avviato e diventare sommelier, come Patrizia, ed affittarsi una cantina, la stessa che si scopre essere stata per tanti anni della propria bisnonna paterna, ricalcando un destino che sa di fierezza e animo combattivo.
La vita si sfida allargando i propri sogni, quando pare, invece, che lei faccia di tutto per convincerti a rimpicciolirli, a stare dentro strade già tracciate, più comode, ma così tanto distanti da quella fervida fantasia ed audace incoscienza che oggi fa di Patrizia una ristoratrice affermata, che ha girato il mondo parlando di vino, con e fra gli uomini, nelle vigne di Italia e dell’estero, a dare forma a quella passione per il vino che per anni è stata considerata inadatta alle donne.
Ma che, invece, più di ogni altra cosa è stata intuita e valorizzata proprio da loro: ce lo ricorda Maria Ernesta, che narra dell’episodio delle nozze di Cana, quando è una donna, Maria, ad accorgersi che a tavola manca il vino; ed è nella mitologia greca che Ebe, figlia di Zeus ed Era, serve il vino a tavola agli ospiti, facendosi interprete della fertilità e della giovinezza, dell’età piena che il rosso di quello, che era considerato il nettare degli Dei, suggeriva.
“Abbiamo la visione necessaria noi donne”, afferma Maria Ernesta, che incontra la viticoltura come una vocazione improvvisa, ad invertire la rotta che sarebbe logicamente derivata dagli studi umanistici appena completati, sebbene la sua storia di famiglia affondasse radici e presente nel vino, essendo il suo papà uno storico produttore di vino.
Ma lei non era mai stata coinvolta, come figlia probabile erede di quella tradizione, negli affari di vino di famiglia, ed oggi si ritrova a produrre un’etichetta tutta sua, fiera delle sue scelte imprenditoriali tanto oneste quanto faticose, che non si sono piegate davanti alla difficoltà di anni di raccolto difficile, dimezzato rispetto ai precedenti: ha scelto di non comprare altrove il vino e “farlo suo”, ha scelto di restare fedele al suo progetto, che è un progetto di lealtà verso i consumatori cui si rivolge, verso il territorio in cui vive e verso la famiglia che ha costruito con quell’uomo, suo marito, che le cammina accanto: non dietro, non davanti, perché queste donne il vino non lo commercializzano soltanto, non lo vendono al pubblico e lo versano agli ospiti: queste donne il vino lo producono, lo fanno in aziende e cantine loro, con il loro sudore, le notti insonni, le domeniche ed i giorni di festa sacrificati, i conti da far quadrare, le stagioni buone in cui sperare.
Ma la vita che si muove attorno al vino e a queste donne deve avere un non so che di magico, ribolle e ti viene a pescare, dentro di te, che di vino poco o nulla sai, la parte più intensa di porzione di sogni che ognuno ha e che spesso la routine ci fa dimenticare.
Ci hanno commosso i racconti di Darya, Patrizia e Maria Ernesta, perché ci abbiamo sentito nelle loro parole quelle che potevano essere le narrazioni di tanti, se solo avessimo quell’incoscienza, quella forza di cambiare, quella lungimiranza di capire che il tempo che ci è stato regalato , nella sua misura e lunghezza, non dipende da noi, ma certamente da noi dipende come viverlo e come riempirlo.
Si pensa, naturalmente, a far di tutto per vivere più a lungo; ci si concentra sulla quantità dei giorni, sulla lunghezza della curva della vita, ma troppo poco su quanto largo sappiamo farlo diventare il tempo che viviamo.
Ed uno dei modi per allargarlo, vivendo il doppio a prescindere dalla lunghezza, è coltivare la solidarietà: ottantasette partecipanti all’evento di sabato hanno decretato il successo dell’iniziativa a favore del progetto in aiuto delle donne vittime di violenza: si riempiono i calici e anche le valige, quelle necessarie ed urgenti, che permettono alle donne di scappare immediatamente da contesti di maltrattamenti e di pericolo per sé e i propri bambini, avendo con sé i beni essenziali per affrontare la “fuga”.
È stata raccolta una somma pari ad € 415,00, che permetterà l’acquisto, da parte del Consorzio del distretto dei servizi sociali del Cassinate, di quattro valigie salva mamma, di cui dotare i Comuni, a riprova che il mondo agricolo, quello vinicolo, ora non soltanto maschile, ma fatto di donne, è sempre un mondo corale, che non lascia indietro nessuno, che abbraccia ed accoglie le difficoltà altrui.
Questo lo scopo che io, Bruna, Sara e Barbara abbiamo perseguito con entusiasmo e passione.
A riprova che le donne insieme sanno creare ponti indistruttibili.
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