Centro anziani "Pietro Bembo" di Cassino: il dissenso solitario e la sua platea virtuale

Opinioni - Quando il confronto democratico in assemblea lascia spazio agli strali a distanza sui social: "Delegittimare ex post un processo democratico, senza avanzare contestazioni formali, senza firmarsi e senza proporre alternative costruttive, significa solo disconoscere la sovranità dei soci"

Centro anziani "Pietro Bembo" di Cassino: il dissenso solitario e la sua platea virtuale
di Dario Nicosia - Pubblicato: 19-05-2025 10:09 - Tempo di lettura 4 minuti

Non ricopro alcuna carica all’interno dell’associazione, se non quella — semplice ma regolare — di socio iscritto. Sono stato coinvolto nella gestione dell’assemblea da una persona che, con fiducia forse eccessiva, mi ha chiesto di presiederne i lavori. Ho accettato, senza interessi personali, ma con senso civico e rispetto per l’istituzione.

Mi sento oggi chiamato in causa dalle affermazioni contenute in un post pubblicato su “Tutto Cassino”, in cui si denuncerebbero gravi irregolarità nell’assemblea. Non dispongo di profili social, e non ho abitudine a commenti o polemiche virtuali, ma ritengo doveroso chiarire i fatti con trasparenza e rigore, anche giuridico.

Anzitutto, il messaggio apparso sui social è anonimo. È introdotto da un “riceviamo e pubblichiamo”, che solleva il problema dell’identità e della responsabilità. In un contesto associativo, l’anonimato mina la trasparenza del confronto: chi ha qualcosa da dire deve farlo in modo diretto, firmandosi e motivando le proprie posizioni, nei tempi e nei modi previsti.

Quanto ai contenuti, occorre ricostruire correttamente i fatti. L’assemblea era stata convocata per l’approvazione del bilancio consuntivo: un atto obbligatorio, previsto dall’articolo 48 del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017), da adottare entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. La mancata approvazione, oltre a esporre l’associazione a responsabilità interne, può generare conseguenze gravi anche verso l’esterno, considerata la vigilanza degli enti pubblici (Comune, Regione, Uffici RUNTS) sulle APS iscritte.

A convocarla è stato il Consiglio Direttivo, che, pur essendo entrato in regime di prorogatio, conservava — come stabilisce l’art. 18 dello Statuto — la piena legittimità ad assumere gli atti di ordinaria amministrazione e di continuità gestionale, tra cui rientra senz’altro la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio. Né lo Statuto né la legge prevedono, in questo caso, una decadenza automatica. La convocazione era, dunque, non solo legittima ma necessaria, per non incorrere in sanzioni o commissariamento.

Questa interpretazione è coerente con:
– l’art. 20 c.c., che regola le competenze assembleari nelle associazioni non riconosciute;
– l’art. 2385 c.c., applicabile per analogia, che prevede la cessazione degli amministratori solo con la loro sostituzione effettiva;
– l’art. 24 del D.Lgs. 117/2017, che garantisce la validità degli atti degli organi associativi;
– la sentenza Cass. civ. sez. I, n. 7027/2016, che afferma la permanenza in carica degli organi amministrativi fino alla sostituzione.

Nel presiedere i lavori ho adottato un criterio rigorosamente imparziale, limitandomi a garantire il rispetto delle regole statutarie e a facilitare un confronto ordinato e trasparente. Nessun intervento è stato precluso, nessuna posizione è stata censurata. A parlare sono stati i soci, e l’assemblea ha deliberato. Inoltre, prima della seduta, ho ritenuto doveroso analizzare con scrupolo l’ordine del giorno proposto, verificandone la piena legittimità: per entrambi i punti ho ricercato e individuato i riferimenti normativi applicabili, così da fondare su basi solide lo svolgimento dell’assemblea e garantire massima correttezza procedurale.

Anche la seconda questione — la proposta di revoca delle dimissioni da parte di una componente del Direttivo — è stata trattata nel rispetto delle norme. Lo Statuto non disciplina esplicitamente tale ipotesi, né vieta all’assemblea di pronunciarsi. Trattandosi di una questione rilevante e non delegabile, ho ritenuto opportuno sottoporla all’assemblea stessa, nella sua funzione sovrana.
La scelta trova fondamento nei principi generali dell’ordinamento associativo:
– l’autonomia statutaria (art. 2530 c.c.), che consente all’assemblea di deliberare su ciò che ritiene nell’interesse dell’ente;
– il principio di buona fede (art. 1375 c.c.), che consente di interpretare gli atti alla luce della loro funzione concreta;
– l’art. 21 c.c., che pur riferendosi alle modifiche statutarie, riconosce all’assemblea un ampio potere decisionale su materie rilevanti.

Non si è trattato di una “retromarcia” arbitraria: la decisione è stata letta in aula, motivata, discussa, messa ai voti e approvata. È stata verbalizzata con chiarezza. Nessuno ha sollevato obiezioni formali. L’ex presidente, presente ai lavori, ha fatto un’unica osservazione chiedendone la verbalizzazione — di natura contabile, peraltro infondata — a cui è stata fornita risposta immediata.


Tutte le argomentazioni giuridiche, le motivazioni illustrate e i riferimenti normativi esposti durante l’assemblea sono stati accuratamente riportati nel verbale, in appositi allegati. Tale documentazione è custodita presso la sede dell’associazione ed è a disposizione di tutti i soci che ne facciano richiesta, come previsto dalle norme vigenti e dallo Statuto.

Alla luce di tutto questo, parlare di “situazione illegittima” è non solo improprio, ma anche infondato. Se davvero vi fossero stati profili di irregolarità, era in assemblea il luogo per segnalarli — non su Facebook. Le assemblee non sono tribune per sfoghi tardivi, né tantomeno palcoscenici per rivincite personali. Sono luoghi di confronto democratico e responsabile. E chi partecipa ne accetta le regole.
Ogni critica è legittima, se espressa con correttezza.

Ma delegittimare ex post un processo democratico, senza avanzare contestazioni formali, senza firmarsi e senza proporre alternative costruttive, significa solo disconoscere la sovranità dei soci. E danneggiare l’associazione di cui si dice di aver cura.





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